Storia e Territorio

Le "Vanniate"

autore Angelo Cintoli 11 October 2021
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La "Vanniata" e i primi "ambulanti"

La "vanniata" - cioè la maniera usata dagli ambulanti per richiamare l'attenzione della gente - è sempre stata una peculiarità della vita paesana, la cui origine si perde tuttavia nel tempo.

A Pozzallo, i primi "vanniaturi" furono certamente i pescatori e i contadini: gli uni bandivano il pesce appena pescato e gli altri portavano in paese i prodotti della campagna. Alcuni pastori tutte le mattine attraversavano infatti vie e viuzze, vendendo uova e formaggio, mentre altri si portavano dietro addirittura capre e vacche: per di più, allo scopo di accontentare la clientela più esigente, mungevano il latte direttamente nel recipiente fornito dalle donne di casa, le sole addette a certi acquisti.

Da notare fra l'altro che, assieme alla crescita della borgata, aumentava di conseguenza anche il numero degli ambulanti: arrivavano in genere dai centri limitrofi, mettendosi necessariamente in competizione con quelli del posto, spesso meno forniti dei loro concorrenti ma senz'altro più disponibili alla contrattazione. 

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I primi "mercati" e la "fiera" della "Vera Croce"

Di tanto in tanto, proprio nella zona vecchia - e specialmente in occasione di alcune feste religiose - venivano fatti perfino dei "mercatini", senza peraltro avere scadenze fisse, tranne quella per la "fiera del bestiame", che si teneva l'ultimo sabato di Marzo, e quella della "Vera Croce", che si teneva annualmente alla Senia nei primi di Maggio: per avere oggi un'idea precisa, questi "mercatoni" occupavano allora l'area che dalla piazza omonima arrivava all'ampio spazio in curva, costeggiato dai "fossati" della Vignazza che passavano allora sotto i ponti di Via Rapisardi, proprio all'inizio dello Scaro.

Erano delle fiere molto attese, segnalati perfino nei "lunari astronomici", annuari aggiornatissimi su tutte le manifestazioni folcloristiche effettuate in Sicilia durante l'anno in corso. 

Specialmente per quella della "Vera Croce", i mercanti arrivavano soprattutto dalle provincie vicine e scaricavano ogni ben di Dio: molti, al posto delle bancarelle, stendevano per terra dei vecchi teloni sui quali ammonticchiavano arance, mandarini, "piretta", limoni e verdure di ogni genere. Certo, in un'esposizione quanto mai varia, c'era veramente da scegliere fra "bummula" e "quartare", piatti e stoviglie di qualsiasi tipo mentre, respirando aria di festa, una folla briosa vagava da un punto all'altro, curiosando e acquistando oggetti che soltanto in queste occasioni era possibile portare a casa. 

La mattinata era per lo più vivacizzata dagli uomini - quasi sempre commercianti, contadini, piccoli agricoltori, possidenti - e, sul posto, si contrattava perfino l'acquisto di cavalli, muli e somari, capre ed agnelli, galline, polli e pulcini che gli interessati sceglievano dopo essersi convinti di aver fatto un buon affare, concluso - come al solito - con la classica stretta di mano e con soddisfazione di entrambe le parti. 

Le donne uscivano invece nel primo pomeriggio, seguite dalla figliolanza vestita a festa: una prima sosta obbligatoria era al banco dei giocattoli, dove si trovavano bambole sempre uguali, come sempre uguali erano i cavallini di cartapesta, che non cambiavano mai modello, fissi su una pedana di legno, rossa, a rotelline o a dondolo. L'alternativa, per i maschietti, poteva caso mai essere "a scupetta", il fucile a 1 o 2 canne, di piccole dimensioni, che funzionava facendo scoppiare "fulminanti" di carta.

Il curiosare fra le bancarelle diminuiva soltanto con l'arrivo della processione, con sacerdoti, chierichetti, sagrestano e banda in testa: sostava al centro della piazza, vicino al tabernacolo della "Vera Croce", che alcuni decenni or sono è stato spostato sul lato sinistro.

Alla funzione religiosa e alla preghiere di rito, facevano seguito varie manifestazioni, che si concludevano sempre "cco' lignu nsivatu", l'immancabile "albero della cuccagna" che metteva a prova le capacità dei giovani, sotto l'occhio divertito della folla assiepata tutt'intorno: i premi consistevano quasi sempre in galline vive e formaggio, pacchi di pasta e di zucchero, bottiglie d'olio e di vino, scacce, biscotti, cobaita, e "mustazzola". E poi, al calare della sera e a chiusura della festa, non potevano certamente mancare i fuochi artificiali, con botti, girandole e tanto fumo, per la gioia dei piccoli e per il divertimento dei grandi. 

 

Gli ambulanti e la loro maniera di "vanniari"

Col passare degli anni, gli ambulanti ampliarono sempre più la gamma dei loro articoli e, con i loro caratteristici carrettini spinti a mano o trainati da somarelli, raggiungevano tutti i quartieri e si fermavano ad ogni "pizzu ri cantunera": ed era un vociare continuo che, dalle prime ore del mattino, arrivava senza interruzione fino all'imbrunire, "filinona" compreso. 

Da notare che, per la strada, si poteva comprare proprio di tutto, dalla farina all'olio, dalle fave al vino, dalla pasta allo zucchero, dal pane alla frutta, dal tonno salato al baccalà, dal pesce alla verdura: la clientela acquistava ad occhi chiusi perché, anche se non si trattava di cibi raffinati, poteva senza dubbio fidarsi di prodotti locali della cui genuinità nessuno dubitava. 

Soltanto in questi ultimi anni le autorità comunali sono tuttavia riuscite a mettere un po' d'ordine alle mille voci degli ambulanti che, qua e là, si levavano spesso insieme - quasi in maniera corale - suscitando le proteste delle persone anziane e dei numerosi forestieri, di casa ormai a Pozzallo, richiamati sempre più dal mare splendido e da un clima ideale. 

Non si creda del resto che la maniera di "vanniari" sia oggi molto diversa: sono cambiati certamenti i mezzi di trasporto, vere "botteghe" ambulanti, a volte con scaffalature e banconi di vendita, dove si può scegliere e comprare bene. La differenza è comunque relativa, perché le voci degli ambulanti - così vive, spesso invadenti, ora morbide, aspre o stanche, aiutate sempre più da megafoni o altoparlanti - fanno ormai parte del folclore cittadino.

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Dal "tammurinieri" agli altoparlanti

A questo punto non si può fare a meno di ricordare il "vanniaturi" per eccellenza, il "banditore", che aveva il crisma dell'ufficialità e che, volenti o nolenti, tutti dovevano ascoltare: parliamo del "tammurinieri", della "voce" cioè di cui si servivano gli amministratori per le "comunicazioni" urgenti da fare alla popolazione.

Ogni periodo ne aveva chiaramente uno, sempre all'altezza del compito, vero "manifesto" parlante. Impettito, si piazzava al centro degli incroci rionali e, troneggiando per la via o sulle "ciappette", tambureggiava a lungo, fin quando aveva la certezza che tutti fossero in ascolto: solo allora - con voce solenne e con linguaggio ufficiale, appropriato sempre alla circostanza - comunicava alla popolazione le avvertenze riguardanti questioni tecniche o regolamenti di applicazione immediata. Per dare anzi alla cosa l'importanza dovuta, il più delle volte gli veniva messa accanto una guardia municipale: in fondo, il suo "Si avverte la cittadinanza..." era l'equivalente - ma con effetto immediato - delle ordinanze inizianti con "Il Sindaco rende noto che...", "Il Sindaco avverte che..." affisse in genere sui muri delle case o all'Albo del Municipio.

A volte, questo "tammurinieri" del tutto speciale, lavorava anche per i privati, per le ditte, per comunicare vendite straordinarie fatte in piazza, oppure l'arrivo dell' "Opra dei Pupi", del cantastorie, dell'uomo-forte che, sdraiato su una tavola irta di chiodi e fra lo stupore dei presenti, invitava a montare sul suo petto una o più persone scelte a caso.

Si tratta senza dubbio di un periodo ormai scomparso, di un passato lontano ma anche recente: il posto del "tamburino" è stato oggi preso dai "manifesti" che il più delle volte vengono appena sbirciati e, sempre più spesso, dagli altoparlanti montati sulle auto, certamente più efficaci ma senz'altro meno caratteristici. Probabilmente, anche meno ascoltati. 

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Testo tratto dal libro di Luigi Rogasi - "Pozzallo. Echi del passato e voci del presente" - Firenze 1990.

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