Il porto di Pozzallo
La prima "idea" di Porto di Pozzallo affonda le sue radici nella storia, più precisamente negli anni rocamboleschi del Medioevo, addirittura prima della costruzione della Torre Cabrera; quasi contemporaneamente al Caricatore, nacque l'estesa zona portuale del nostro paese.
Il sistema composto da attracco e stoccaggio era gestito dal Conte di Modica, che ben poco lasciava ai cittadini del paesino rivierasco e che, prima del 1829 (anno della nascita del Comune), si era fermamente opposto alla sua indipendenza. La mole del lavoro dell'antico porto di Pozzallo era abnorme e il flusso del grano della Contea dipendeva proprio da questo: il Conte c'avrebbe pensato per decenni prima di lasciare andare la "miniera d'oro" che era Pozzallo.
L'attracco era frequentato da pescatori, spedizionieri, marinai, mozzi ma anche mercanti che avevano fatto il giro del mondo e che approfittavano di Pozzallo per raggiungere Modica, non solo per acquistare derrate alimentari ma anche per vendere tessuti pregiati e seta orientale
Nei secoli a venire, i ponti e gli scivoli di cui il paese era adeguatamente dotato, erano famosi su tutto il territorio italiano e oltremare, e accoglievano imbarcazioni leggere, come vascelli, pitacci, muze, polacche e in particolar modo velieri, con il molo ben attrezzato per consentirne l'approdo (e all'epoca non se ne vedevano molti in giro).
Gli scali erano situati nelle estreme vicinanze della Torre Cabrera, per facilitare il carico delle merci dai magazzini lì accanto (il Caricatore), ma si estendevano ben oltre, su tutta la striscia di mare che lambiva l'attuale via Enrico Giunta, in una Pozzallo assai differente da quella che conosciamo oggi.
Dal nostro paese, si esportavano cereali, formaggi, miele, lana, olive e olio, e soprattutto carrube, che per tutto il XIX secolo fecero la fortuna di contadini e famiglie borghesi, fra cui spiccano i nomi dei Pandolfi e dei Giunta; queste gestivano due degli storici pontili di legno, dipinti uno di bianco e uno di rosso, e gli uffici e i magazzini siti nei locali del Caricatore (il palazzo Pandolfi, infatti, è stato edificato su uno degli storici magazzini).
Purtroppo, l'area portuale, benché vasta, non era adatta ad ogni tipo di imbarcazione: le navi più grandi rimanevano prudentemente a largo e per facilitare le operazioni con la terraferma ci si doveva affidare ad imbarcazioni di "aleggio" e "schifazzi" (odierni rimorchiatori e lance) provenienti da Siracusa o da Trapani al seguito di altre navi.
Per colmare questa mancanza, che ad un certo punto della storia rischiava di tagliare fuori Pozzallo da tante trattative commerciali, unitamente alla crisi di fine Ottocento e inizi Novecento, si era resa necessaria la costruzione di una nuova struttura portuale, in grado di ospitare bastimenti; il primo progetto ufficiale risale al 1861, firmato da una commissione di tecnici del Ministero del Lavoro ma è altresì ufficiale una denuncia del comitato cittadino del 1895 che esortava l'inizio dei lavori.
Purtroppo le due guerre mondiali, una dopo l'altra, ammutolirono ogni speranza, ogni rivalsa della piccola cittadina. Arrestarono ogni progetto, ogni sogno, ogni libertà, aumentarono vertiginosamente il numero di mariti e figli che non fecero ritorno a casa.
E il porto di Pozzallo ne subì pesantemente gli effetti. Se, dopo il primo conflitto, la flotta mercantile pozzallese sembrava fiorente ed in continua espansione, nel 1947 contava appena venti unità, una miseria considerando il passato marittimo della città. Inoltre, le attività militari della Seconda Guerra Mondiale avevano smantellato i pontili, rendendo difficoltose, se non impossibili, quelle operazioni via mare che avevano fatto parte di Pozzallo da sempre.
Nel 1947, il Comune s'impegnò a spiegare la situazione della città all'alto Commissario di Sicilia, auspicando la costruzione di un porto o, nel caso non fosse possibile, l'ammodernamento del pontile in muratura (l'odierno molo).
L'intera provincia di Ragusa, priva di altri sbocchi sul mare, dipendeva dal porto di Pozzallo.
Fu così che nel febbraio del 1952, fu posata la prima pietra, nel sito odierno. Una struttura rudimentale, rettilinea, che avrebbe dovuto accogliere soprattutto navi petroliere.
Erano gli anni della rinascita italiana, il difficile Dopoguerra. Il Governo cercava in ogni modo di realizzare impianti all'avanguardia su tutto il territorio nazionale, principalmente nel martoriato meridione, la cui "questione" non era ancora del tutto risolta.
Si cercava di dare una svolta alla dimenticata provincia di Ragusa, che aveva avuto tutto e niente dal ventennio fascista: basti pensare che la provincia avrebbe dovuto essere Modica, per seicento anni la quarta città più importante della Sicilia, ma l'attività politica del fascista Filippo Pennavaria fece sì che Ragusa diventasse il capoluogo.
Lo Stato Italiano, nella figura del Ministro degli Interni Mario Scelba, autorizzò la realizzazione di numerose opere importanti, tra cui la diga di Santa Rosalia, nel territorio ragusano, e il porto di Pozzallo appunto.
Si narra che lo stesso Scelba venne in visita ufficiale nel nostro paesino, poche migliaia di anime, e che nei dintorni del rione Raganzino fosse stato accolto da urla e schiamazzi; da quei cori nacque l'appellativo 'a Corea; ancora oggi ci si riferisce in questo modo a quella zona.
Tuttavia, il progetto originale, per varie vicissitudini, rimase un'impresa incompiuta, come tante nel Mezzogiorno. Fu solo negli anni '80 che la zona portuale fu ulteriormente rielaborata al fine di concretizzare gli scambi commerciali con il Nord Africa, prevedendo un traffico di 500.000 tonnellate annue di merci, flusso triplicato negli anni 2000, grazie anche alle tratte Pozzallo-La Valletta e viceversa garantite dal catamarano.
A seguito dello sviluppo commerciale del porto, suddiviso in braccio grande, adatto ai grandi cargo, e braccio piccolo, per i pescherecci e le piccole imbarcazioni, nel 1992 venne istituito l'Ufficio Circondariale Marittimo di Pozzallo e, soltanto quattro anni dopo, venne autorizzato alla tenuta delle matricole della gente di mare, un privilegio che fino ad allora era stato concesso solo a Porto Santo Stefano, in Toscana.
Nel 2001, data la crescita esponenziale dell'esportazione, della pesca, della nautica da diporto, e complessivamente uno sviluppo turistico, commerciale e industriale sempre maggiore, si è resa necessaria l'istituzione della Capitaneria di Porto, con decreto del Presidente della Repubblica, con oltre 100 km di costa in giurisdizione, più precisamente dalla foce del fiume Dirillo nel Golfo di Gela al Pantano Longarini, tra Ispica e Pachino.
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