Irene di Boston


In tanti abbiamo presente nei nostri ricordi l'immagine di quell'imbarcazione giacente su robuste assi di legno, ritta e maestosa dinanzi al mare, alla Balata. Scheletro ligneo di un veliero che ha la sua storia, ed è una storia non certo banale, segnata dal tempo e dai lunghi viaggi che l'hanno caratterizzata prima di giungere a Pozzallo e prima di scomparire del tutto alla vista dei più giovani che purtroppo adesso non possono nemmeno sapere di cosa stiamo parlando.
Irene di Boston, questo era il suo nome. Nata a Giugno del 1914, in un cantiere navale della periferia di Boston, nel sud-est inglese, lunga 21 metri, larga 4,5, 35 tonnellate di peso da carica, senza motore. Il nome dovuto alla madrina del veliero, figlia del maestro d'ascia che l'aveva progettata e portato a termine la sua costruzione. Appena in mare ebbe il compito importante di 'PilotShip', portare i piloti di altre navi sotto bordo ai bastimenti o, a causa della Grande Guerra far giungere piloti alle navi alleate.
Intorno al 1936 la sua funzione cambiò, assumendo la posizione di yacht d'altura, voluta dal suo proprietario, un aristocratico londinese il quale apportò alcune modifiche alla struttura di Irene. Aumentò il bordo libero e installò il motore.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il veliero inglese divenne un 'Auxiliary Ketch', ovvero un rimorchiatore dei pescherecci d'alto mare a vela, a servizio della Marina Irlandese, alla quale era stata affidata per sfuggire ai bombardamenti.
All'età di 40 anni, dopo essere ritornata a Londra, Irene fu acquistata da un capitano di lungo corso originario della Cornovaglia, con l'intenzione di fare il giro del mondo in compagnia della sua famiglia. Un viaggio che durò circa sei anni. Partendo da Londra nel 1954, si diressero prima nell'isola di Madeira, poi per due anni girovagarono nel Mediterraneo. Dunque in Mar Rosso e da lì attraverso città come Aden, Karachi, Bombay, Colombo, Singapore. Successivamente la viaggiatrice Irene di Boston si ritrovò nel Borneo Settentrionale, attraversò l'Oceano Pacifico fino alle isole Marchesi, per poi fermarsi a San Francisco per alcuni mesi del 1959, con lo scopo di rifarsi le vele maestre. La ripartenza non tardò molto. Riprese il largo ed attraversò il Canale di Panama, fino all'isola di Haiti. Qualche giro per il mare delle Antille prima di giungere a New York. Rimase lì fino al 20 Settembre 1960, giorno in cui termina il suo giro per il mondo e salpa alla volta di Falmouth.
Il ritorno in Inghilterra coincide con la perdita di notizie di Irene fino al 1969. In quell'anno compaiono tracce della sua presenza a Malta, sotto bandiera americana, mentre nel 1971 si attesta la sua entrata in mare italiano sotto il comando di un ufficiale della Nato, il quale con la sua famiglia è diretto ad Ischia e Capri.
Nel 1976 la ritroviamo come dimora di un navigatore genovese, ma anche come 'Charter' estivo per escursioni lungo le coste siciliane e calabresi. Infine fu rivenduta a dei ragazzi affascinati dalla sua bellezza per essere usata nel campo della pubblicità oltre che come 'Charter Yacht'.
Approda a Pozzallo nei primi anni Novanta, probabilmente l'abbiamo vista ferma in quel punto perché quando è arrivata sulle nostre coste aveva bisogno di qualche intervento di manutenzione, e così sarebbe stata affidata alle capacità del maestro d'ascia Emilio Amenta, dato che proprio lì un tempo era luogo di creazione e riparazione di imbarcazioni, allo scalo della Balata.
Adesso non rimane più nulla di quel veliero che per anni ci ha affascinato a parte quella nostalgia di un futuro quanto meno decente.
Invece siamo costretti ad attestare la realtà dei fatti. Quel relitto era soggetto a vincolo paesaggistico, ma non è servito a nulla, non certo a salvarla dall'incuria del tempo. Infatti il vincolo che ha avuto per parecchi anni è stato tolto intorno al 2015 per permettere la rimozione di quelle che ormai erano macerie di legno riversate sulla Balata.
Storia triste per come si è conclusa, ma ci piace immaginare Irene di Boston ripartita, a solcare nuovi mari, sotto il comando di nuovi capitani, con la stessa bellezza di un tempo e la stessa incertezza della futura destinazione.
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